Lo scontro e la crescente tensione fra Stati Uniti e l’Iran spiegati con chiarezza e lucidità. Un’analisi dall’interno della realtà iraniana, che ha il pregio della semplicità e dell’immediatezza: “il problema fra l’Iran e l’America non è nucleare, il problema è la politica estera iraniana. L’Iran, infatti, pratica l’ingerenza nei paesi della regione mediorientale”.
Ad intervenire sui rapporti fra Usa e Iran, nelle interviste rilasciate nell’ambito del Festival del Lavoro, la manifestazione organizzata a Milano dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro e dalla Fondazione Studi, è Shirin Ebadi prestigiosa figura simbolo di un Iran laico e moderno, ben diverso dal paese oppresso dal fondamentalismo degli ayatollah.
Prima donna magistrato in Iran, avvocato a Teheran e Premio Nobel per la pace 2003 per l’ impegno nella difesa dei diritti umani e a favore della democrazia, Shirin Ebadi ha in particolare dichiarato all’Adn Kronos: ”noi iraniani siamo contro la guerra perché sappiamo che la guerra non fa cadere il regime, lo rafforza. Le guerre rafforzano i dittatori ed è per questo che il regime islamico di Teheran spinge per lo scontro, che consentirebbe invece, con la scusa di difendere la sicurezza nazionale, di uccidere di più e maltrattare di più il proprio popolo”.
Più lucida e immediata di molti analisti e senza ricorrere a dietrologie e a teoriche strategie politico militari, Ebadi si è detta sicura che ”comunque, la guerra nucleare non ci sarà. Sicuramente alto è il rischio di attacchi offensivi, ma non con l’arma nucleare. Ovunque dovesse scoppiare nel mondo, una guerra nucleare sarebbe pericolosa per tutta l’umanità, quindi è difficile che accada. Però, c’è il pericolo di attacchi localizzati e brevi, a danno di persone e siti civili come fabbriche e centrali elettriche”, ha avvertito.
Per Shirin Ebadi, è fondamentale che riprendano al più presto i negoziati perchè il popolo iraniano vuole il dialogo: ”La disoccupazione è terribile. La gente non ha pane da mangiare, invece i soldi iraniani diventano armi negli altri paesi. Non abbiamo abbastanza scuole e ospedali, invece i nostri soldi diventano razzi da lanciare in altri paesi della regione”.
Sulla drammatica situazione dei professionisti in Iran, il Premio Nobel ha sottolineato come decine di avvocati, ad esempio Nasrin Sotoudeh, per il semplice fatto di avere difeso i prigionieri politici e di avere svolto il loro lavoro in difesa dei diritti umani, sono stati vittime di persecuzioni, arresti, condanne. Così come sono in pericolo i giornalisti che raccontano quello che accade e gli attivisti che lottano per la difesa dell’ambiente.
Da qui il toccante appello alla libertà d’informazione lanciato con parole altrettanto semplici e immediate da Shirin Ebbadi: ”Senza i mezzi di informazione non riusciremmo a far arrivare la nostra voce dappertutto. Gli stessi social network e Internet possono avere questa funzione. Pubblicate le nostre notizie. Parlatene. Le donne iraniane devono essere sentite. E come giornalisti consigliate ai vostri politici, se vanno in Iran e hanno delegati donne, di non usare il velo. Come esempio di solidarietà alle tante donne che sono costrette ad indossarlo”.
Fonte: Adn Kronos