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Rubrica di critica recensioni anticipazioni
by Virna Chessari *
Avremmo bisogno tutti di un angelo. Qualcuno che ci guidi, ci ascolti e ci conforti senza giudicarci, proprio come Filémone, protagonista, insieme alla tormentata Giò di “Avrò cura di te”, un libro di successo pubblicato da Longanesi circa dieci anni fa e ancora attuale.
Filémone e Giò non si parlano ma si scrivono, dando vita a un fitto e non scontato scambio epistolare. Non verità assolute ma suggestioni luminose grazie a cui Giò ritroverà le fila del suo percorso ingarbugliato. Una donna e una storia come tante in cui è possibile ritrovarsi, perché, chi più, chi meno, ha il proprio pensiero ricorrente, il suo assillo mentale, grani di un comune rosario quotidiano.
Cosa tormenta Giò? Un tradimento, il suo, e la conseguente fine del suo matrimonio con Leonardo che si è chiuso in un silenzio “aggressivo”. Ma non è il tradimento il punto. O meglio solo quello. “Ogni tradimento è il tentativo di colmare un vuoto che soltanto voi potete riempire. Altrimenti continuerete a tradirvi all’infinito, trovando sempre qualche deluso travestito da cinico disposto a giustificarvi”.
Giò ha smarrito se stessa ed è incapace di trovare una via realisticamente percorribile, ascoltarsi, intrappolata com’è in un loop in cui il senso di colpa fa da padrone non lasciando spazio a nient’altro.
È qui che entra in gioco Filèmone, a ricordarle con fare angelico chi è, chi è stata, le sue lotte appassionate per delle buone cause, la sua voglia di vivere. “Quella è la mia Giò. Una forza della natura. Non il rottame lamentoso che pigola allo specchio il rosario egoistico delle sue debolezze”. Giò ha certamente commesso un errore ma è un errore peggiore il suo volere tornare indietro. Semplicemente non si può. “E non sarà certo tornando indietro che riavrai quanto hai perduto. Dovrai arrivarci da qualche altra parte”.
Un errore che Giò non si perdona e a cui non sa ma vorrebbe porre rimedio. Un tradimento non soltanto dell’uomo che ama ma anche di se stessa e dei suoi ideali, forse un po’ troppo alti per essere realizzabili.
Giò si rifugia nel lungo e puro amore dei nonni, idealizzato anche quello. E anche stavolta interviene Filèmone, un angelo fuori dai canoni che ha avuto anche lui un ruolo umano più che angelico nella storia della sua famiglia. Filèmone cerca di riportare Giò alla realtà, un sogno tutto da vivere e realizzare in cui siamo chiamati a vivere ed evolverci e dove può avverarsi anche l’impossibile, come la riconquista di Leonardo, l’amore tradito e perduto. Bisogna però ripartire da sé, guardarsi, abbracciare il vuoto che solo noi possiamo riempire, la solitudine che sgomenta, smettendo “di chiedere ad altri l’amore che non riesci a darti da sola, altrimenti continuerai a incontrare soltanto persone che non te ne sapranno dare”.
Gli autori Chiara Gamberale e Massimo Gramellini, mutatis mutandis Giò e Filemone, affrontano con garbo e delicatezza un argomento scottante, andando oltre e invitando il lettore a fare altrettanto. Non è appunto il rimuginare sui propri errori che consola o li risolve.
La realtà è certamente più grande di noi, delle nostre ossessioni e frustrazioni che la offuscano e ce la nascondono. Al di fuori c’è sempre qualcosa o qualcuno che ci ricorda che siamo molto altro, che riflette, come in uno specchio, un me diverso da quello che conosco e a cui tendere con curiosità come a un nuovo orizzonte tutto da esplorare: “Si viene al mondo per evolvere”.
Chi siamo, ed è questo il bello, lo scopriamo via via. Un passo, un errore dopo l’altro. Una storia semplice e forse non del tutto irreale con tanto di lieto fine: “Un tradimento uccide solo gli amori già morti. Quelli che non uccide a volte diventano immortali”. E voi che ne pensate?
*Virna Chessari docente di lettere classiche, scrittrice e autrice di raccolte di poesie che hanno ricevuto numerosi riconoscimenti in Italia e all’estero