In un mondo ideale, desiderabile, legalità (il rispetto delle leggi, delle norme, delle regole stabilite dallo Stato o comunque da un’autorità) ed etica (i criteri del nostro agire che riteniamo equi, giusti, morali) coincidono.
Non così nel mondo effettivo in cui viviamo. Qui, infatti, il contrasto fra ciò che è legale e ciò che è etico ci inquieta quotidianamente. E in molte versioni.
Infatti ci sono casi in cui ciò che è legale è immorale e casi in cui ciò che è morale è illegale. Che l’amministratore unico di una grande azienda guadagni non 30 volte, ma 300 volte in più del dipendente medio è legale, ma – secondo alcuni principi etici – è immorale. Che un pescatore siciliano si avvicini a un barchino di migranti in procinto di affondare e accolga nella sua motonave i quasi-naufraghi è morale, ma – secondo alcune leggi – è illegale.
Per uscire da queste contraddizioni sono possibili tre vie.
La prima è la più praticata: il legalismo di chi rispetta le leggi sempre e comunque (tranne nei casi in cui può sottrarvisi senza incorrere in sanzioni). E’ la via più comoda perché comporta solo il disturbo di anestetizzare qualche scrupolo di ciò che chiamiamo coscienza morale. Si accompagna di solito a conformismo (così fan tutti) e a tradizionalismo (così si é sempre fatto).
La seconda via è molto più costosa: l’eroismo etico di chi rispetta le leggi rispettabili, ma disobbedisce alle leggi ingiuste e paga le conseguenze del suo dissenso. La figura- simbolo di questo primato della morale (“la legge del cuore”) sulla legalità (“la legge ‘positiva’, posta in essere dallo Stato”) é la mitica Antigone che, secondo la tragedia greca, accetta di essere assassinata dal tiranno Creonte pur di non abbandonare ai cani il cadavere del proprio fratello Polinice.
La “disobbedienza civile” é senz’altro una scelta ammirevole dal punto di vista morale. Se rimane l’unico gesto di rivolta si condanna a non incidere nella storia effettiva.
Può avere – ed ha avuto effettivamente tante volte – effetti concreti e duraturi quando ha imboccato una terza via, passando dalla protesta (isolata, anche quando viene messa in opera da un gruppetto di “anime belle”) alla proposta (collettiva): quando la testimonianza etica é diventata progetto politico. La tristezza della stagione che stiamo vivendo – non solo in Italia – è misurata dallo scarso grado di “indignazione” verso la legalità vigente e dalla sfiducia nella possibilità che le poche contestazioni (pur emergenti qua e là dallo stagno) sfocino in azione politica.