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Rubrica di critica recensioni anticipazioni
by Augusto Cavadi
Quella maledetta domenica del 19 luglio 1992 Paolo Borsellino aveva un accordo di massima con il suo cardiologo di fiducia: lo avrebbe prelevato con la scorta e accompagnato in via D’Amelio per una visita medica alla madre anziana.
Per motivi che nessuno ormai saprà, il giudice non segue il programma concordato e – senza saperlo – salva la vita dell’amico Pietro Di Pasquale.
Il quale, dopo trent’anni e più di silenzio pudico, ha deciso di mettere nero su bianco (nel volume Medico in terra di mafia. Il cardiologo di Paolo Borsellino si racconta, Di Girolamo, Trapani 2024) il racconto non solo dei rapporti personali con alcuni magistrati del pool antimafia fondato da Rocco Chinnici e poi diretto da Antonino Caponnetto, ma anche della sua pluridecennale carriera di Consulente Tecnico d’Ufficio.
Egli infatti, inizialmente su invito di Borsellino, poi di altri magistrati come Giovanni Falcone, accetta di svolgere un incarico delicatissimo: periziare le condizioni di salute di detenuti mafiosi per offrire ai giudici i dati, per quanto possibile oggettivi, per decidere se i soggetti in esame potessero o meno rimanere in carcere.
Quanto pericoloso fosse, e sia tutt’ora, questo compito basterebbe ad attestarlo il nome di Paolo Giaccone, trucidato da mafiosi per non aver voluto falsificare una perizia medica, cui è intitolato il Policlinico universitario di Palermo.
Di Pasquale racconta vicende romanzesche, con condannati ristretti in istituti di pena o agli arresti domiciliari, in giro per tutto il Meridione: boicottaggi, minacce, tentativi di corruzione, denunce, rivelazioni di segreti d’ufficio… ad opera non solo di criminali ‘ufficiali’ ma anche di avvocati spregiudicati, medici superpagati come periti di parte, direttori di carceri, politici e alti burocrati al loro servizio, perfino in qualche caso magistrati. Lo scenario è impressionante: si tocca, per così dire con mano, l’intreccio fra Cosa nostra e la borghesia delle professioni, il cui risultato è un sistema di potere al quale piegarsi o da cui essere stritolato. Soprattutto nel settore della medicina dove clientelismi e favoritismi sono evidenti – secondo l’esperienza dell’autore – sin dal percorso di formazione universitario e di specializzazione dopo la laurea.
Di Pasquale evita il facile scandalismo di elencare nomi e cognomi dei protagonisti dei suoi racconti, ma dalla precisione dei dettagli storici si intuisce che sta riferendo vicende effettivamente svoltesi e dunque potenzialmente documentabili nel caso che ciò dovesse risultare necessario.
Né assume pose da eroe donchisciottesco: con sincerità ammette debolezze, sconfitte, stati d’animo sconfortati. Ma non nasconde la soddisfazione morale di aver perseverato nel servizio della verità, della giustizia e soprattutto della salute dei suoi pazienti (a prescindere dalle loro responsabilità penali), rinunziando ad alternative più remunerate e meno gratificanti dal punto di vista deontologico. Uno dei suoi pazienti (estraneo a vicende giudiziarie) ha voluto ringraziarlo, per una prestazione clinica d’avanguardia, chiedendo e ottenendo che le autorità accademiche gli dedicassero un asteroide; caso sinora unico al mondo che mi ha evocato il passo biblico di Daniele 12,3: “I saggi risplenderanno di luce come la volta del cielo, e quelli che avranno aiutato gli altri a essere giusti brilleranno per sempre come le stelle”.
Già, la Sicilia è anche questo: persone per bene che, lontanissime dai riflettori di certa antimafia da sfilata, rischiano la vita pur di difendere la convivenza democratica dagli attacchi di vecchi e nuovi totalitarismi.