HomeLapidiL'addio a Gutiérrez non seppellisce la teologia della liberazione

L’addio a Gutiérrez non seppellisce la teologia della liberazione

by Augusto Cavadi

L’addio a Gustavo Gutiérrez, il frate domenicano considerato unanimemente il padre della “Teologia della liberazione” latino-americana, scomparso alla rispettabile età di 96 anni, fa riemergere  oltre mezzo secolo di storia, di accuse e controaccuse, ed infine di riabilitazione della corrente teologica più discussa di fine Novecento.

Benché cattolico, la sua opera é stata influente oltre i confini della sua confessione religiosa: vi si sono riconosciuti, riprendendola e rilanciandola, pensatori e militanti di Chiese protestanti e di movimenti politico-culturali ‘laici’.L'addio a Guitiérrez non seppellisce la teologia della liberazione

Per la mia generazione la “Teologia della liberazione” ha costituto una ventata d’aria fresca negli ambienti alquanto asfittici del mondo cattolico europeo: a Palermo l’abbiamo tradotta, in libri e iniziative sociali degli anni Ottanta, come “Teologia del risanamento” (formula proposta dal teologo don Cosimo Scordato). il Gesù della teologia dogmatica ellenistica, bizantineggiante, veniva deposto dalle nicchie più elevate dei templi e – grazie a una lettura esegeticamente aggiornata dei testi evangelici – restituito alla strada: alla verità storica di un Profeta nomade divorato dalla passione per l’avvento del “Regno di Dio”.

Ma cosa intendeva con questa formula un ebreo del I secolo dell’era volgare?

Che i regni dei potenti di questo mondo erano destinati a frantumarsi per fare spazio ai criteri di libertà, giustizia, fraternità del Dio annunziato da Cristo. La “buona notizia” non riguardava dunque principalmente le “anime” individuali, ma le “persone” (nella loro integrità psico-fisica) in quanto membri del “popolo” : e non il loro futuro escatologico, dopo la morte, bensì il loro presente storico.L'addio a Guitiérrez non seppellisce la teologia della liberazione

Una rilettura così rivoluzionaria del vangelo interrogò papa Giovanni XXIII, i vescovi del mondo riuniti nel Concilio ecumenico Vaticano II (1962 – 63) e papa Paolo VI: ne suscitò perplessità e dubbi, ma ne stimolò anche la produzione di documenti epocali come le encicliche Pacem in terris e Populorum progressio  e la Costituzione conciliare Gaudium et spes.

Poi é arrivato il lungo inverno della repressione autoritaria di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI: a colpi di scomuniche e di ritiro dell’autorizzazione a insegnare nelle università cattoliche. Provvedimenti che  hanno contribuito alla crisi della “Teologia della liberazione”.

Tramontato dunque per sempre il sogno di Gutierrez e dei suoi numerosi compagni e discepoli? Il cristianesimo torna ad essere, irrimediabilmente, l’ideologia che giustifica le sperequazioni fra pochi sempre più ricchi e molti sempre più poveri?

In molti lo hanno ritenuto, ora con sconforto ora con soddisfazione, sino al 13 marzo 2013 quando in Vaticano, dal balcone di San Pietro, si è affacciato un papa sud-americano chiamato “quasi dalla fine del mondo”.

Con Francesco la “Teologia della liberazione” torna a zampillare a cielo aperto dopo un lungo periodo di scorrimento sotterraneo. Se non si tiene presente questo, non si capisce la radice dell’opposizione non solo dei governi degli Stati capitalistici, ma anche del clero e dei fedeli tradizionalisti, a papa Bergoglio.

L'addio a Guitiérrez non seppellisce la teologia della liberazione
Papa Francesco e Padre Gustavo. L’11 settembre 2013, sei mesi dopo l’elezione del nuovo Pontefice, Gutiérrez e Bergoglio concelebrarono la messa nella cappella di Santa Marta. Una scena inimmaginabile fino a quel momento: uno accanto all’altro, davanti all’altare, il Papa e il fondatore della Teologia della liberazione.

Vincerà la dura battaglia? Difficilmente. Egli infatti é tanto aperto sulle questioni pastorali e sociali quanto conservatore in ambito teologico, etico e istituzionale (o almeno si mostra così per non moltiplicare a dismisura il fronte dei suoi avversari ‘interni): e questa timidezza gli aliena le simpatie delle frange progressiste del mondo cattolico che, altrimenti, sarebbero i suoi alleati naturali.

La partita é dunque aperta. Gutierrez non ha chiuso gli occhi a questa vita con la gioia piena di chi ha visto realizzato il suo impegno “con i poveri e contro la povertà” (come scrisse nel suo Bere al proprio pozzo. L’itinerario spirituale di un popolo  del 1983); ma neppure con disperazione.L'addio a Guitiérrez non seppellisce la teologia della liberazione

La crisi teorico-pratica del marxismo (nel quale i teologi della liberazione riconoscevano, insieme a molti difetti intollerabili, istruttivi strumenti di analisi della società e interessanti indicazioni operative) ha certamente affievolito molti entusiasmi, ma non ha seppellito tanti esperimenti di partecipazione democratica ancora attivi qua e là sul pianeta.

Come scriveva lo stesso teologo peruviano, “il popolo degli oppressi, durante la traversata del deserto conosce i fallimenti, la tentazione di tornare indietro, ma anche i successi e soprattutto la speranza nel Dio che libera e che dà la vita”.L'addio a Guitiérrez non seppellisce la teologia della liberazione

 

 

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Giornalista pubblicista, Filosofo. Fondatore della Scuola di formazione etico-politica Giovanni Falcone di Palermo
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