Autismo: c’è una via di fuga ?
Un misterioso silenzio dipinto di blu. Come definire altrimenti l’indefinibile sindrome dell’autismo se non con un riferimento all’incomunicabilità e al colore scelto per connotare la giornata Giornata Mondiale della consapevolezza sull’autismo che si celebra ogni anno ad Aprile?
Nonostante evidenti tracce storiche, l’individuazione della sindrome dell’autismo risale soltanto al 1943 e da allora l’evoluzione medico scientifica non ha affatto chiarito le molte domande che vengono formulate su quella che non è una malattia, ma che spesso comporta conseguenze più gravi.
Una malattia, infatti, prevede una diagnosi e una cura: dall’autismo invece non si guarisce. E’ una sindrome inafferrabile caratterizzata da infinite combinazioni e ogni volta che si manifesta presenta caratteristiche uniche e irripetibili.
E’ un disturbo del neurosviluppo, una neurodiversità, che si manifesta nei primi anni di vita ed è caratterizzata dall’isolamento, dalla perdita del contatto con la realtà e la corrispondente costruzione di una vita interiore propria, che viene anteposta alla realtà stessa.
In Europa la diffusione dell’autismo varia da paese a paese: si passa da una prevalenza di 1 su 160 in Danimarca, a una prevalenza di 1 su 86 in Gran Bretagna. In Italia colpisce un bambino su 100, con una frequenza 4 volte più alta fra i maschi. Ad oggi non è stata individuata con certezza la causa dei disturbi dello spettro autistico, ma nel 10-15% dei casi è individuabile una causa genetica.
“Al contrario di altre patologie per cui non esiste altra via che quella medica, per l’autismo serve soprattutto un approccio educativo” spiega Cristina Priorini aiuto medico psicolologa al Foyer d’Accueil Mèdicalisè Les Libellules di Beauvais,in Francia, che è intervenuta a Roma alla conferenza sull’autismo promossa dal Rotary Leonardo da Vinci.
- Come si affronta in Italia l’autismo rispetto agli altri paesi europei?
In Italia oggi giorno esistono molte associazioni che propongono un sostegno per le famiglie e un intervento educativo specifico all’autismo.
Cominciano tra l’altro ad aprire sempre più centri specialistici per la diagnostica che, come si sa, più è precoce, più il bambino avrà una chance di arrivare a livelli di sviluppo corretti.
Il grande problema dell’Italia é che esistono queste realtà, ma che riguardano esclusivamente l’infanzia; dal compimento dei 18 anni in poi non c’è più nulla e questo è un problema serio.
Ho poche conoscenze di altri paesi europei ma so che in Francia esistono oramai da diversi anni dei centri specifici all’età adulta, chiamati FAM: Foyer d’Accueil Médicalisé.
- Evoluzione dell’autismo rispetto all’età?
Purtroppo non esiste ancora oggi una “cura” per l’autismo.
Esistono delle terapie multidisciplinari che permettere al bambino di avanzare nello sviluppo.
Il grande problema è che, per mantenere le capacità acquisite grazie appunto agli interventi educativi, la persona autistica DEVE continuare a “lavorare” e a mantenere in esercizio le sue capacità cognitive. Se questo lavoro perpetuo si interrompe, tutte le acquisizioni spariscono con la stessa velocità con cui sono state apprese. Ed è questo che rende la mancanza di centri specializzati all’età adulta un problema molto serio.
- Ci sono però dei modi per rendere compatibile l’autismo con la quotidianità della vita?
Si certo! Oggi giorno una delle tecniche educative più conosciute e che ottiene dei risultati molto importanti è il metodo ABA. Questa tecnica trova le sue origini nella psicologia comportamentale. Per spiegare in modo semplice, il metodo ABA mira a “indurre il comportamento”, appunto per rendere la persona autistica il più autonoma possibile nelle azioni base della vita quotidiana.
Esiste egualmente il metodo TEACCH, che cerca, al contrario, di adattare l’ambiente e la vita quotidiana alle specificità dell’autismo.
Posso citare anche il metodo Denver, che essendo dedicato ai bambini tra uno e tre anni, cerca di favorire uno sviluppo il più normale possibile attraverso il gioco.
- In Francia dove lei lavora, a che punto è la ricerca e la sperimentazione delle terapie?
Al contrario di altri paesi, in Francia si cerca di utilizzare tutti i metodi educativi insieme per far si che l’accompagnamento quotidiano sia il più possibile su misura per la persona. Nel mio percorso di formazione, ho potuto studiare tutti i metodi. In questo modo, dopo aver osservato la persona per un periodo che va da 1 e 3 mesi, applico il metodo che più mi sembra appropriato al suo modo di essere. Per quanto riguarda invece la ricerca, la Francia é ancora molto indietro rispetto ad altri paesi come gli Stati Uniti, il Belgio o il Canada, leader nel campo dell’autismo.
- L’esempio delle comunità sanitarie residenziali francesi potrebbe essere attuato anche nel nostro paese?
Sarebbe meraviglioso riuscirci! Non nego che, insieme all’associazione Pianeta Autismo di Roma, stiamo tentando di portare avanti un progetto per aprirne uno che includa sia i bambini che gli adulti. Sarà sicuramente una dura battaglia non avendo un appoggio sanitario di stato importante come quello francese, ma siamo motivati, entusiasti e pronti a raccogliere la sfida.
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