Preoccupata per l’evoluzione delle condizioni di salute di Silvio Berlusconi, la politica si scopre impreparata a dipanare i nodi delle alleanze non solo nell’ambito della coalizione governativa, ma anche della maggioranza e dell’opposizione.
Nonostante il perdurare dell’assenza operativa di un protagonista come il Cavaliere, non sono le fibrillazioni di Forza Italia ad agitare il back stage della coalizione di Governo, ma i corto circuiti non ancora disinnescati fra Enrico Letta e Matteo Salvini e contemporaneamente le fratture fra Pd e Cinque Stelle nonché tra Lega e Fratelli d’Italia.
Le scintille volano soprattutto fra il segretario del Pd e il leader della Lega che ha messo in dubbio, addebitando le responsabilità al Nazareno e ai grillini, la fattibilità delle riforme necessarie per il recovery plan.
Caduta massi anche lungo la strada di Nicola Zingaretti e Goffredo Bettini, che masticano amaro ripensando all’enfasi di tutti i proclami di appena quattro mesi addietro con i quali hanno acclamato e magnificato l’alleanza col Movimento.
Per non parlare degli sforzi, fino al limite del suicidio politico, profusi dall’ex segretario Pd per mantenere artificialmente in vita il Governo Conte ampiamente decotto e fare entrare i grillini in giunta alla Regione Lazio.
Tutto vanificato, constatano in questi giorni al Nazareno a riprova che in politica la riconoscenza è pressoché sconosciuta, dal netto rifiuto dei 5 Stelle di consentire la candidatura di Nicola Zingaretti al Campidoglio in contrapposizione all’irriducibile ricandidatura della Sindaca Virginia Raggi.
Porte sbattute in faccia e alleanze saltate anche per Napoli, Torino e Bologna. A rendere sempre più agitate le acque sono tuttavia alcuni sondaggi che lascerebbero intravedere a Roma l’indisponibilità tanto dei grillini quanto dei democratici a votare reciprocamente al secondo turno, nell’eventuale ballottaggio, il candidato del Pd Gualtieri o la Raggi per i 5 stelle.
In attesa di valutare l’effettiva incidenza della leadership sulle variegate anime del Movimento di Giuseppe Conte, una leadership che da mesi aleggia ma non si concretizza, il segretario del Pd Enrico Letta sempre più alle prese con la dirompente eredità del predecessore Zingaretti, salpa con una sola Caravella alla ricerca della giusta rotta per rilanciare il partito due volte fondatore della Repubblica e continuatore della tradizione cattolica e riformista. “Partirà la nave partirà, quando arriverà questo non si sa” cantava Sergio Endrigo ricordano ironicamente gli scettici che dietro le quinte delle correnti del partito democratico iniziano a porsi domande.
Nel centrodestra le prospettive di successo elettorale sembrano invece contribuire a un accordo sulle candidature di Milano, dove Gabriele Albertini nonostante il viatico di Berlusconi e di Giorgia Meloni non si lascia convincere a candidarsi contro Beppe Sala. Al posto dell’ex sindaco il candidato unitario potrebbe essere l’ex Ministro Maurizio Lupi.
A Roma, grosso modo il compromesso prevede per il Campidoglio un candidato del livello di Guido Bertolaso e un esponente i Fratelli d’Italia in pole position per la Presidenza della Regione Lazio.
Le ultime divergenze fra la leader di Fratelli d’Italia e Matteo Salvini riguardano anche le scelte dei vertici e dei consiglieri d’amministrazione della Rai e delle altre grandi società partecipate, del calibro di Eni, Enel, Ferrovie, Cassa depositi e prestiti, dove si misurano e si esercitano le leve dell’economia e del potere politico. Nomine che per quanto riguarda gli snodi strategici verranno sottratte dal Presidente del Consiglio Mario Draghi alle valutazioni dell’appartenenza ai partiti e procederanno lungo il filo conduttore delle competenze.
Così come, nonostante i continui mordi e fuggi dialettici di Salvini, le riforme e il recovery plan proseguiranno con una autosufficiente maggioranza parlamentare lungo la rotta tracciata dal Premier e dal Quirinale.