Non solo Amazon
All’inizio fu Amazon, poi seguì il diluvio di iniziative simili. Startup che come il colosso del commercio elettronico statunitense, con sede a Seattle, consentono una spesa rapida ed efficiente in negozi, supermercati, ristoranti e pizzerie.
Non c’è più solo Amazon Go. Ci sono oltre 150 società che stanno lavorando a punti vendita automatizzati, senza casse o senza commessi. CBInsight, il fondo italiano di investimento, ha selezionato dieci startup che assieme a quattro grandi gruppi stanno affrontando l’evoluzione delle esigenze della domanda e dell’offerta degli esercizi commerciali.
- Standard Cognition
La particolarità della startup americana nata nel 2017 è il risparmio strutturale: non usa sensori sugli scaffali ma solo telecamere. E ne utilizza poche: circa 25 per coprire 1800 metri quadrati. Amazon Go, ad esempio, per una superficie simile ne usa centinaia.
- Zippin
Niente casse, niente personale Zippin ha aperto il suo primo punto vendita a San Francisco lo scorso agosto. Il punto vendita è più piccolo, non usa riconoscimento facciale, ma incrocia i sensori sugli scaffali, per capire quando un cliente prende un prodotto, con immagini video riprese dall’alto che quindi non catturano il volto. L’utente scarica l’app e viene associato a un QR code personale. Basterà passare lo smartphone su uno scanner per iniziare a fare la spesa e uscire, un pò come a un tornello della metropolitana.
- Caper
Caper Labs trasforma il carrello della spesa in una cassa. Al momento, la forma attuale non è così diversa dagli scanner già presenti in alcuni supermercati. Ogni carrello legge i codici a barre dei prodotti e, alla fine della spesa, la carta di credito. L’obiettivo finale sarebbe quello di integrare nel carrello telecamere e sensori che consentano di riconoscere gli articoli in automatico, senza passarli allo scanner.
- Bingobox
è una startup che ha già 300 punti vendita automatici in 30 città della Cina. E tra le sue collaborazioni vanta anche quella di un gigante della grande distribuzione tradizionale come Auchan. Bingobox è in pratica un mini-market, al quale si accede con un codice QR personale. I negozi sono piccoli, contengono 400-800 articoli e sono aperti 24 ore su 24. Il personale non è fisicamente presente, ma può sorvegliare il negozio e interagire con i clienti da remoto, via chat o video. In questo modo, Bingobox è capace di gestire 40 punti vendita con appena quattro dipendenti.
- Xiaomai
Simile a Bingobox, Xiaomai è un piccolo negozio automatizzato, privo di cassieri e commessi. I clienti devono passare allo scanner prodotti prima di pagare, mentre vengono tracciati con un sistema di riconoscimento facciale. La parte “umana” si trasferisce fuori dal punto vendita: Xiaomai infatti fa da base per le consegne a domicilio dei fattorini.
- Xingbianli
produce distributori simili a quelle che si trovano negli uffici. Solo che invece di inserire le monete o la chiavetta prepagata, si scansiona un codice e si paga via app. Messi assieme, questi jukebox del cibo possono trasformarsi in una piccola mensa. Oppure in un negozio: Xingbianli ne ha aperti otto. L’idea è quella di usare la stessa tecnologia non solo per gli snack ma anche per altri cibi, dalla frutta fresca al latte.
- Farmer’s Fridge
è un distributore automatico di insalate e piatti salutari contenuti in vasetti. pPnta tutto sulla freschezza del prodotto. La tecnologia non è così sofisticata. La differenza è la filiera dei prodotti: verdure e altri ingredienti vengono assemblati e consegnati ogni giorno. Mentre quelli invenduti vengono donati in beneficenza.
- CafeX
crea chioschi in cui il barista è un robot. Oggi il sistema prevede ancora la presenza di un operatore, per questioni di sicurezza e per intervenire in caso di intoppi. Ma l’idea è quella di creare bar senza personale, grazie anche alla possibilità di pagare con casse automatiche. Al momento ci sono tre CafeX, tutti a San Francisco. Un’idea che ricorda quella di un locale aperto di recente a San Francisco, Creator: ha i tavoli ma non la cucina, perché a preparare gli hamburger è una macchina che affetta, griglia e assembla in pochi minuti.
- Cargo
è una startup che porta snack sui servizi di ride-hailing, come Uber. L’autista può decidere di installare a bordo un “cassetto” che contiene noccioline, bevande, cioccolatini. L’autista li riceve gratis e incassa un dollaro per ogni acquisto (che i clienti concludono via app). Il resto va ai produttori. Che però, spesso, preferiscono offrire campioni gratuiti: il vero obiettivo non sono gli incassi ma i dati sul consumo degli utenti che Cargo rileva.
- Dirty Lemon
produce bevande naturali. E ha due particolarità: ha scelto un sistema di distribuzione singolare, basato sui messaggi. L’utente registra i propri dati e quelli della propria carta di credito, ma poi deve inviare un messaggio per effettuare l’ordinazione. La seconda particolarità è che Dirty Lemon vendeva solo online. A settembre ha aperto un negozio a New York, esordendo tra scaffali e mattoni direttamente senza casse.
Oltre alle nuove startup si stanno nuovendo anche i grandi gruppi:
- Amazon Go
incrocia sensori “da scaffale” e telecamere. È un supermercato senza casse che addebita la spesa sul conto del cliente, ma non è privo di personale.
- Alibaba
è già più avanti, con la catena senza casse Hema: ha 65 supermercati. Lo smartphone diventa una guida e un carrello digitale. Ogni articolo ha un codice da scansionare: il cliente riceve le informazioni, dal prezzo alla provenienza e alle fine paga alle casse automatiche, sempre usando il telefono
- 7-Eleven
società giapponese ma con sede negli Stati Uniti, ha lanciato un negozio a forma di treno, nel quale ogni vagone è un distributore automatico digitale di prodotti. Il gruppo sta testando la tecnologia in Sud Corea, con la possibilità di piazzare il trenino automatico nei negozi tradizionali per creare un ibrido.
Fonte: Agenzia Agi