Un affare reciproco o una grande acquisizione? Sulla fusione in atto fra Fiat Chrysler e Groupe Psa, Peugeot e Citroen, aleggiano da più parti molti interrogativi.
Il via libera all’accordo, che farà nascere la quarta multinazionale mondiale costruttrice di auto, segnerà soltanto la somma delle quote di mercato e delle potenzialità dei due gruppi, che si stima possano raggiungere una capitalizzazione di 45 miliardi ed fatturato annuo di oltre 170 miliardi di dollari, con 8,7 milioni di auto vendute ?
O piuttosto non rappresenterà anche la somma dei debiti netti previsti a fine 2019: 5,39 miliardi per Fca, e 9,3 miliardi per Psa?
Presidente del nuovo gruppo sarà John Elkann, ma i poteri di gestione saranno esercitati con un incarico quinquennale dall’amministratore delegato Carlo Tavares, Ad di Peugeot.
Sulla carta la partecipazione azionaria di Fca e Psa sarà alla pari, ma la famiglia Agnelli che oggi controlla la Fiat Chrysler con il 30% del capitale, scenderebbe nel nuovo gruppo al 15% e dovrebbe fronteggiare i tre principali soci di Psa: la famiglia Peugeot, lo Stato francese, ed il gruppo cinese Dongfeng Motor Corporation, ognuno dei quali possiederà nel nuovo gruppo il 6,1%, per un totale del 18,3%. Evidente il ruolo di ago della bilancia del governo di Pechino, che controlla al 100% il gruppo Dongfeng.
I molti dubbi non fanno passare in secondo piano, tuttavia, anche le notevoli prospettive positive dell’accordo. In particolare per quanto riguarda gli sbocchi commerciali in Cina e soprattutto il promesso rilancio dell’occupazione e della produzione negli stabilimenti italiani di Fiat Chrysler, senza fughe in avanti verso delocalizzazioni in Asia e America latina.