Lavoro al tempo della crisi
Economia reale, lavoro e occupazione. Dati strettamente correlati in quasi tutto il mondo, tranne che in Italia. Nonostante i dati di agosto dell’Istat indichino per la prima volta negli ultimi 6 anni un’inversione di tendenza e una lievissima flessione della disoccupazione scesa al 9,7% , l’Istituto nazionale di statistica evidenzia però che contemporaneamente aumentano i giovani disoccupati (al 31%) e i lavoratori a termine.
Dati che secondo Eurostat, collocano ad agosto l’Italia al terzultimo posto tra i 19 paesi dell’eurozona: peggio di noi soltanto Grecia (19,1% a giugno) e Spagna (15,2%). Colpa della crisi e anche della web economy e della crescente robotizzazione ? No perché su scala internazionale le statistiche indicano anzi il contrario. Nei 48 paesi più sviluppati, che complessivamente rappresentano l’84 per cento della produzione del pianeta la percentuale dei disoccupati non supera il 5,2 per cento della forza lavoro.
E’ il dato più favorevole dall’inizio del 1980. Erano 40 anni che nel mondo non c’erano in giro così pochi disoccupati.
Ed é indicativo come, anche se nel frattempo si sia moltiplicata l’utilizzazione dei robot, in special modo nelle catene di montaggio, la disoccupazione sia calata soprattutto in quei paesi come la Germania, il Giappone e la Corea del Sud che hanno investito di più in automazione.
Sembra un paradosso ma non lo è perché il web e le app hanno abilitato una economia diffusa, la cosiddetta gig economy, inizialmente precaria.
Resta il fatto che le economie che hanno investito non solo nelle tecnologie digitali, ma anche nelle competenze delle persone, creano più occasioni per tutti. Le altre restano al palo. Tra queste ci sono la Grecia, la Spagna e purtroppo l’Italia, che pure per quanto riguarda l’introduzione di robot industriali è al settimo posto.
Per quanto riguarda il nostro Paese c’è ancora un dato OCSE, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, che va attentamente analizzato.
Secondo il rapporto il rapporto Settling 2018 Indicators of Immigrant Integratio infatti, il tasso di occupazione degli immigrati in Italia è pari al 60%, superiore a quello degli italiani fermo al 58%.
La maggior parte degli immigrati sono tuttavia impiegati in lavori poco qualificati e sottopagati e hanno scarse possibilità di accedere a lavori più qualificati. Tanto è vero che tra gli immigrati con basse qualifiche il tasso di occupazione è del 55%, mentre tra gli italiani è del 41%.
In primo piano anche il lavoro nero prevalentemente imposto agli immigrati in settori come l’edilizia, i servizi assistenziali e le piccole aziende a conduzione familiare. Uno sfruttamento con prospettive economiche negative perché così l’Italia non attira talenti e mano d’opera specializzata. Visto che solo un immigrato su otto in età lavorativa ha la laurea.
Fonte: Agenzia Italia