Cuore & Batticuore
Rubrica settimanale di posta. Sentimenti passioni amori e disamori. Storie di vita e vicende vissute
by Augusto Cavadi
La notizia del giorno: sciopero generale degli studenti di tutto il mondo per il clima. Che i media rischino la retorica è inevitabile. Evitabile, però, sarebbe l’uso distorto di alcuni termini come “sciopero”: adatto a operai che rinunziano a un giorno di paga pur di danneggiare il datore di lavoro e non a studenti che rinunziano a un servizio cui hanno diritto.
Come nel caso di malati che per un giorno decidessero di rinunziare alle cure mediche, si dovrebbe piuttosto parlare di “astensione per protesta”, “manifestazione”, “dimostrazione di piazza”…
Ma, al netto dell’ eccesso di retorica e dell’approssimazione linguistica, le questioni centrali sono due.
La prima: se, come è probabile, le autorità governative non si lasceranno commuovere dai cortei e dagli striscioni, quanti di questi giovani useranno – sapranno usare e vorranno usare – l’arma del voto alla prossima occasione? In Italia abbiamo constatato che, quando un’organizzazione politica come i Verdi chiede i suffragi senza promettere benefici individuali, gli elettori – giovani e meno giovani – si fanno sordi. Una cosa è affrontare il grave sacrificio di saltare le lezioni di greco o di matematica, un’altra cosa è rinunziare alla logica del voto di scambio (o anche solo del voto su promessa di uno scambio futuro). Sarà interessante, ad esempio, capire quanti fra i giovani statunitensi oggi in piazza hanno votato e voteranno alle prossime elezioni per uno come Trump che irride apertamente gli allarmi degli scienziati sul futuro del clima.
Seconda questione: quanti giovani, da oggi, cambieranno le proprie abitudini in ambito ecologico? Spero in tanti. Ma, onestamente, temo che non avverrà. Spero che le spiagge della Penisola non saranno più seppellite da bottiglie di birra e sacchetti di plastica abbandonati da cittadini di ogni età. Spero che i marciapiedi antistanti le scuole – soprattutto le scuole superiori – cesseranno di essere invasi da lattine di coca-cola e da fazzolettini di carta unti.
Da più di mezzo secolo ormai giro per le scuole del Paese – soprattutto, ma non esclusivamente, meridionali – da insegnante o da formatore. L’esperienza mi attesta – quanto vorrei, sinceramente, che qualche collega mi smentisse! – che non tutti i dirigenti scolastici predispongono la raccolta differenziata dei rifiuti. Là dove esistono i contenitori, non tutti i docenti e gli alunni li utilizzano con attenzione. E là dove si verifica una miracolosa convergenza di civismi (tra dirigenti, insegnanti e studenti) ecco che – dopo il suono della campanella che svuota gli edifici – il benefico flusso ecologico trova, non sempre per fortuna, l’ultima strozzatura: la schiera dei bidelli. Molti, o alcuni, di loro – secondo variabili imprevedibili – ritengono troppo faticoso smaltire i rifiuti in maniera differenziata: così precipitano in enormi sacchi scuri dove, direbbe Hegel, “regna una notte nera in cui tutte le vacche sono nere”.
Non mi credete? Vi capisco: neanch’io avrei creduto, se non l’avessi visto con i miei occhi, che una bidella del liceo in cui ho insegnato negli ultimi vent’anni prima della quiescenza, una volta concluse le pulizie di ogni aula, gettava tutto dalla finestra nel cortile sottostante. Quando le ho fatto notare, più stupito che incavolato, l’assurdità de gesto, mi ha fissato come fossi stato un marziano che parlava di asteroidi. D’altra parte, la sua spazzatura non imbrattava un vialetto immacolato, ma si aggiungeva a tutto quello che, nella mattinata, vi avevano gettato dalle finestre i ragazzi.
Erano i fratelli maggiori di quegli stessi ragazzi che oggi sono in strada a gridare con i cartelloni contro l’inquinamento globale.
Certo, dal punto di vista quantitativo, un politico alla Trump può danneggiare il pianeta molto più di un liceale di Palermo: ma dal punto di vista qualitativo siamo sicuri che non siano collegati da un filo rosso più grave quanto meno consapevole? www.augustocavadi.com
Anche il discorso della montagna di Gesù, apparentemente non ha inciso nell’immediato e nel prosieguo della storia dell’umanità. Eppure rappresenta ancora oggi l’identità spirituale più alta e distintiva dei cristiani. Analogamente la mobilitazione mondiale dei giovani evidenzia, e per la prima volta, l’impegno ideale globale per una causa comune che riguarda non più le ideologie o un singolo popolo, ma la sopravvivenza stessa dell’umanità. Nonostante la diffusa sensazione che questa mobilitazione planetaria non riesca ancora ad abbattere il muro dell’indifferenza dei Governi e degli scellerati interessi degli apparati economici, la speranza e soprattutto l’auspicio è che si sia invece messa in moto la correzione della deriva dell’inquinamento e dello stravolgimento della natura. La domanda piuttosto non è più se il cosiddetto sciopero ecologico serva a qualcosa, ma se si è ancora in tempo per salvaguardare il futuro dei giovani di oggi e di quelli di domani.